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Investire nell’apprendistato

Investire nell’apprendistato

APPRENDISTI E DOPO QUALE FUTURO?

 

Nella società cosiddetta globalizzata, dove spesso vengono meno le regole ed i valori (intesi quelli morali), ci ritroviamo nella classica situazione del: “si stava meglio quando si stava peggio”, dove il “peggio” – nello specifico – è riferito, in senso lato, a quanto avviene a livello di categoria, con la formazione duale. Andiamo con ordine.

Una volta, l’apprendista era considerato il giovane in formazione che dava supporto nei vari uffici dove era impiegato, per tutta quella serie di lavori poco “nobili”, ma decisamente utili ai propri collaboratori, quali il classare la documentazione nei vari dossier o fare le fotocopie. All’apprendista era demandato, per il suo sviluppo professionale, il sapersi “adattare” alle varie situazioni e soprattutto saper “rubare il lavoro” ai colleghi. Questo di per sé era tutt’altro che facile e spesso frustrante. Terminato l’iter di studio però (normalmente) il giovane apprendista veniva assunto dall’azienda di formazione.

Numerosi sono, infatti, i casi in cui dall’apprendistato, i collaboratori sono giunti sino alla pensione nella medesima ditta.

Oggigiorno si verifica, invece, l’esatto contrario. Spesso e volentieri, vi sono realtà che, per una questione più d’immagine che di effettivo desiderio di formare un collaboratore al proprio interno, assumono dei tirocinanti per disdirne il contratto una volta terminati gli studi.

Se consideriamo il costo per la formazione duale, con le responsabilità che vengono richieste al datore di lavoro, i fattori che incrementano le spese aziendali sono molteplici: seguire le direttive dell’Ordinanza tramite la DAP (documentazione dell’apprendimento e delle prestazioni); pianificare il programma di formazione all’interno dell’azienda e verificare lo stato d’avanzamento dei lavori (SAL/UP) nonché, frequentare i corsi di aggiornamento.

Se lo sforzo profuso, non viene poi suggellato con la possibilità di integrare nell’organico gli studenti meritevoli, il tutto viene semplificato per l’azienda alla voce “costi” e non “investimenti”.

Focalizzare la possibilità di inserimento di un giovane che, sulla base delle proprie esperienze nei vari reparti dove ha potuto crescere sotto il profilo lavorativo, permette al datore di lavoro di poter contare su un impiegato completo al termine del percorso formativo. Inoltre, non va sottovalutato il rapporto interpersonale che si crea dopo il periodo di tirocinio e la relativa fidelizzazione alla propria azienda di  formazione.

Questo connubio permette a molte realtà presenti in Svizzera, e Franzosini ne è parte integrante, di poter annoverare nel proprio organico, numerosi impiegati che hanno iniziato l’attività lavorativa cominciando proprio con l’apprendistato.

Fermo restando la scelta professionale di ogni singolo sul proprio futuro (di per sé soggettiva e indipendente dall’impresa), al giorno d’oggi, la possibilità di poter ottenere un contratto di impiego a tempo indeterminato è sempre più ricercata; questo dal tirocinante per primo e, a volte, dal datore di lavoro stesso.

La scelta, invece, di assumere degli apprendisti per lasciarli al termine del contratto di tirocinio per garantire solo il turnover, può risultare – di facciata – positivo, ma analizzando i costi ed il rischio di aver formato un futuro disoccupato, questi dubbi restano.

Per questo motivo, la chiarezza nel colloquio di assunzione deve essere esplicata in maniera limpida sul futuro del tirocinante, senza dimenticare che si parla (di norma) a dei minorenni.

Circa l'autore

Alessandro Borghi

Vice Direttore, SA Luciano Franzosini Chiasso

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