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Il ciclo di vita della ferrovia del San Gottardo

Il ciclo di vita della ferrovia del San Gottardo

“PASSATO, PRESENTE E FUTURO”
di Remigio Ratti, Professore titolare dell’Università di Friburgo ed Esperto di geopolitica dei traffici internazionali

Nei collegamenti transalpini l’itinerario del San Gottardo occupa un posto centrale; non solo geograficamente, ma strategicamente quale asse di collegamento più diretto e più importante tra la valle del Reno e la penisola italiana. Siamo all’interno della famosa “banana blu” dello sviluppo dell’Europa occidentale descritta dal geografo Roger Brunet, che così ha denominato la fascia a forma di banana che, attraversando aree di grande urbanizzazione e attività produttiva, va da Londra, ai porti della Manica, a Francoforte fino a Basilea e alle Alpi per poi unirsi al Nord-Italia e a Genova.

Non per niente anche a noi piace chiamare la ferrovia del San Gottardo “ferrovia d’Europa”. Nel contempo appare evidente come il contesto della sua posizione geografica non spieghi da solo, né renda conto del campo di forze economiche e politiche che determinano il ruolo effettivo della ferrovia del San Gottardo; un ruolo mutato nel tempo più di quanto si creda.

Al suo ciclo di vita – passato, presente e futuro – abbiamo così dedicato un nostro saggio

Il volume è edito da Armando Dadò editore, Locarno nell’ottobre 2016 (pp. 234, fr.20) sotto il titolo: “L’asse ferroviario del San Gottardo – Economia e geopolitica dei transiti alpini” e ha già conosciuto una seconda edizione.

che “per l’interpretazione dello sviluppo secolare dell’asse ferroviario e dei flussi di merci e passeggeri che lo percorrono è originale, anzi unico nel suo genere” (da una recensione del Prof. Angelo Rossi, Zurigo).

Vediamo qui di seguito in sintesi le fasi di questo ciclo di vita che nel saggio sono esposte in termini non tecnici e di gradevole lettura.

 

La fase di genesi e di sviluppo come ferrovia privata (1882-1909)

Negli anni settanta dell’ottocento la società anonima Compagnia del Gottardo nasce quale risposta alla grande necessità di collegare e di aprire la penisola italiana – con le sue relazioni mediterranee e quelle attraverso il Canale di Suez inaugurato nel 1869 – allo sviluppo della rivoluzione industriale e del commercio estero tra Nord e Sud delle Alpi.

Gli attori istituzionali determinanti sono l’Italia e la Germania, che ne finanziano la metà, rispettivamente un quarto, al pari di Confederazione e Cantoni interessati. Il Ticino, impegnato inoltre per l’itinerario del Monte Ceneri, pagherà per finire quasi un quinto del totale svizzero. Sul fronte delle organizzazioni – personificate nella figura di Alfred Escher – troviamo la Compagnia del Gottardo e il neo costituito Credito Svizzero che assicureranno il finanziamento privato (il 50%) tramite azioni e prestiti obbligazionari. Sin dall’apertura (1882) il successo non si fece attendere, andando ben oltre le previsioni sia per i passeggeri che per le merci fino ad imporsi rispetto agli itinerari concorrenti del Brennero (1867) e del Moncenisio (1871).

Nel suo trentennio di vita fino alla nazionalizzazione del 1909 la Compagnia poté così rimunerare i propri azionisti nella misura del 7-8%.

 

L’era dell’affermazione nazionale (1909-1972)

Perché allora nazionalizzare anche la ferrovia del Gottardo? Non solo perché il popolo svizzero lo aveva deciso sin dal 1898 per risanare una rete di ferrovie regionali deficitarie, ma perché anche quella gottardiana, a trazione a vapore, sarebbe caduta nella medesima situazione di fronte ai nuovi grandi investimenti che si rendevano necessari.

La prima guerra mondiale rende proibitivo il prezzo del carbone. La Svizzera sviluppa in vero e proprio cluster industriale delle macchine e dell’energia elettrica che va di pari passo con gli investimenti delle FFS nell’elettrificazione e nella tecnologia di supporto del non facile esercizio di una ferrovia di montagna, precedendo i concorrenti austriaci e francesi.

Ma occorre anche svelare una doppia e decisiva componente strategica politica e aziendale. La Svizzera diventa sicuro gestore del transito anche grazie all’intelligente decisione dei finanziatori della prima ora, Italia e Germania, di rinunciare al rimborso dei sussidi versati in cambio di una politica tariffaria delle FFS favorevole al commercio internazionale transalpino, il cliente finale. Un incentivo politico che porta le FFS ad operare almeno nel transito – al contrario di tutte le ferrovie nazionali monopolistiche – in un regime di mercato, offrendo collaborazione e sconti tariffari di cui beneficiarono in particolare gli spedizionieri di Basilea e di Chiasso. Grazie a questi fattori si apre l’era del primato ferroviario che, almeno in Svizzera e per i traffici transalpini, si prolungherà per un quarto di secolo anche dopo il secondo dopoguerra e il progressivo avvento (e in genere il sopravvento) del mezzo stradale.

Il ruolo del San Gottardo contribuisce a salvare la Confederazione dal secondo conflitto mondiale. Seguono poi gli anni dell’epoca d’oro, quelli dell’integrazione europea, fino allo choc della crisi petrolifera del 1973, apparente causa prima della forte perdita di quote di mercato (1/3 nel 1975) ma strutturalmente riconducibile all’avvento delle autostrade ormai realizzate in Austria e in Francia anche sugli itinerari transalpini.

 

La fase di incertezza e di stallo (1972-1992)

Il Paese e le FFS si lascino sorprendere dalla fine delle rendite di posizione, quindi dei guadagni sul trasito che in gran parte compensavano le perdite del traffico interno. Si apre una fase di sfiducia e di stallo nelle decisioni di politica ferroviaria. Eppure, nel 1971, un rapporto ufficiale sulle alternative di nuove linee ferroviarie alpine aveva raccomandato la realizzazione con urgenza della galleria ferroviaria di base del San Gottardo. Di nuovo rinasce la diatriba ottocentesca tra San Gottardo e Spluga e non si decide fin tanto che la Comunità Europea (CE) di allora non manifesta la sua pressione per un passaggio camionistico autostradale attraverso la Svizzera.

Il federalismo svizzero risponderà offrendo l’alternativa di una trasversale ferroviaria alpina, abbinata agli investimenti interni per meglio servire gli agglomerati urbani svizzeri (Ferrovia 2000). Il voto popolare sull’accordo europeo sul transito del 1992 e soprattutto quello del 1994 sulla cosiddetta “Iniziativa delle Alpi”, cambieranno gli obiettivi della politica svizzera in materia a favore di un loro orientamento strategico in termini di protezione ambientale.

Per stimolare il trasferimento dalla gomma alla ferrovia una specifica legge permetterà di sussidiarlo fino a completamento degli investimenti per la “ferrovia di pianura”, che dovrebbe sanzionare il passaggio dalla fase di declino della ferrovia ottocentesca a quella di un suo rilancio.

 

Il nuovo ciclo tecnologico di AlpTransit e i nuovi scenari della logistica mondiale (1992-2050)

Dopo incertezze e grandi discussioni nel 1998 si decide di non realizzare un nuovo intero asse ferroviario transalpino ma di limitarsi dapprima, con un compromesso tipicamente federalista, alla costruzione delle sole gallerie ferroviarie di base: è il progetto denominato AlpTransit, con la galleria di 33 chilometri del Loeschberg (in esercizio dal 2007), tra i cantoni di Berna e il Vallese sull’itinerario del Sempione, quella del San Gottardo (57 km, la più lunga del mondo, aperta nel 2016) e quella del Monte Ceneri (15 km), la cui inaugurazione è prevista per il 2020.

Nel frattempo è cambiato anche il quadro delle regole del gioco delle istituzioni, orientate al nuovo paradigma delle liberalizzazioni che, Svizzera, Unione Europea e singoli Stati sembrano interpretare con modalità e velocità diverse. Anche la posizione degli operatori ferroviari e multimodali svizzeri è decisamente ribaltata per la mutata posizione di mercato che li obbliga, al contrario dell’epoca d’oro, ad allineare le tariffe sulla concorrenza.

Nascono inoltre nello scenario della globalizzazione nuovi operatori e strutture al servizio della logistica integrata. Il futuro si riscopre addirittura alla luce del ripetersi dello scenario ottocentesco del canale di Suez – oggi da poco raddoppiato nelle sue capacità – quando all’apertura dei nuovi mercati asiatici veniva pure associato l’itinerario del Gottardo. Suez e l’avvento delle grandi navi porta container danno nuovo impulso ai porti del Mediterraneo, in particolare a quelli liguri, aprendo interessanti possibilità per l’erario italiano (diritti doganali) e per il commercio d’oltre mare (italiano, ma anche svizzero) di essere meno dipendente dai porti del Nord.

 

Andare oltre la galleria di base – Il progetto LuMiMed

 

Il nuovo scenario della geografia economica e logistica mondiale richiede l’effettivo approntamento del corridoio ferroviario dei due mari Rotterdam/Anversa – Genova, quindi anche di andare oltre le gallerie di base.

Non può lasciare indifferenti che AlpTransit si concluda a Lugano, con il segmento Lugano-Chiasso programmato, ultimo di tutto il corridoio, per il 2054. Con l’apertura del Terzo valico dei Giovi, a ridosso di Genova, prevista per il 2023 è tutta la tratta Lugano-Milano-Porti Liguri che deve essere promossa.

Ambienti imprenditoriali italiani, in collegamento con attori svizzeri ed europei, stanno promuovendo un progetto pubblico-privato sotto l’acronimo LuMiMed (Lugano, Milano, Mediterraneo), mentre è nata, dopo la raccolta di diecimila firme, l’associazione “Pro Gottardo, ferrovia d’Europa”.

Guardando al futuro osserviamo ancora una volta come la Svizzera si muova tra dipendenze e intraprendenze. La continuazione verso sud avverrà, come venticinque anni fa, se una sufficiente pressione esterna incontrerà un bisogno e una risposta interni.

La posizione di forza della Svizzera, che negli anni Novanta aveva deciso di fare da sé, appare ribaltata e la governanza futura dei transiti alpini rimane molto aperta; essa dipende da quale equilibrio si troverà nei fatti tra esigenze di mobilità e ambiente, tra economia delle aziende (vettori e operatori della logistica) e interessi macroeconomici e geopolitici generali.

 

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