Le ambite semplificazioni doganali potrebbero diventare un boomerang per l’economia svizzera, minacciando di violare accordi internazionali, compromettere la sicurezza e invalidare le certificazioni di origine dei prodotti.

La decisione unilaterale della Svizzera di eliminare l’obbligo di dichiarazione doganale per determinate categorie di merci solleva significative preoccupazioni di sicurezza che l’Unione Europea non può ignorare. Le dichiarazioni doganali non sono semplici formalità burocratiche; esse giocano un ruolo cruciale nell’analisi dei rischi, consentendo alle autorità doganali di prevenire il contrabbando, la frode fiscale, e l’ingresso di merci illegali o pericolosenei paesi membri.

Questo cambiamento normativo in Svizzera, sebbene possa apparire come un tentativo di facilitare il commercio, minaccia di indebolire i controlli alle frontiere, aumentando il rischio di attività illegali transfrontaliere. Questi rischi non sono solo teorici ma riflettono preoccupazioni reali espresse da osservatori internazionali e autorità nazionali che vedono compromessa la loro capacità di garantire la sicurezza e l’integrità dei mercati.

Per l’Unione Europea, accettare una tale mossa senza rigorose garanzie e un’adeguata compensazione nelle misure di sicurezza equivarrebbe a tollerare una potenziale vulnerabilità nella protezione dei suoi confini esterni. Le normative UE in materia di dogane e commercio sono concepite non solo per regolare il flusso di merci ma anche per proteggere i consumatori e le economie dei paesi membri da minacce potenziali che possono attraversare le frontiere insieme alle merci.

La mancanza di una dichiarazione doganale obbligatoria potrebbe rendere più difficile per le autorità UE tracciare l’origine delle merci, verificare la loro conformità con le normative europee e imporre tariffe corrette. Questo apre una porta non solo al contrabbando e alla frode fiscale, ma anche alla possibilità che merci non conformi, potenzialmente pericolose, entrino nel mercato unico senza adeguati controlli, mettendo a rischio la salute e la sicurezza dei cittadini europei.

Inoltre, la facilitazione del contrabbando e delle attività fraudolente attraverso una riduzione dei controlli doganali potrebbe avere un impatto diretto sulle entrate fiscali degli stati membri dell’UE. La decisione della Svizzera potrebbe quindi essere vista come una minaccia al principio di equità fiscale e alla stabilità economica nella regione.

Se la Svizzera dovesse procedere con l’abolizione unilaterale dell’obbligo di dichiarazione doganale, come discusso precedentemente, ciò potrebbe effettivamente creare anche problemi nel riconoscimento delle prove di origine delle merci da parte dei paesi dell’Unione Europea. Questo perché le dichiarazioni doganali servono non solo a calcolare i dazi e le tasse, ma anche a verificare l’origine delle merci, un aspetto cruciale per determinare l’applicabilità di tariffe preferenziali o per garantire la conformità con le normative specifiche di mercato. Nel contesto dei trattati e degli accordi attuali, l’UE e la Svizzera hanno stabilito procedure congiunte per garantire che le merci scambiate soddisfino i requisiti legali e normativi di entrambe le parti. Se la Svizzera eliminasse l’obbligo di dichiarazione senza un accordo reciproco con l’UE, ciò potrebbe portare a una mancanza di documentazione adeguata per le merci in ingresso nell’UE. Questo scenario potrebbe risultare in controlli più severi o nel rifiuto dell’accettazione delle merci svizzere sotto il regime tariffario preferenziale previsto dagli accordi esistenti.

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Senza una dichiarazione di merci, come evidenziato anche dal dibattito parlamentare svizzero, non sarebbero disponibili dati sufficienti per una analisi del rischio automatizzata e ciò potrebbe comportare rallentamenti significativi nei controlli di frontiera, influenzando la fluidità del commercio transfrontaliero e potenzialmente danneggiando l’integrità delle catene di approvvigionamento. La potenziale non conformità con gli accordi esistenti metterebbe la Svizzera in una posizione di rischio legale e diplomatico, in quanto violerebbe specifici accordi bilaterali che delineano metodi di cooperazione e di controllo delle merci, come l’accordo di libero scambio e l’accordo sulle misure doganali di sicurezza. Questi trattati richiedono che entrambe le parti mantengano sistemi di controllo comparabili e conformi agli standard reciprocamente accettati. La violazione di questi principi non solo complica i rapporti commerciali ma solleva anche questioni di fiducia tra i partner commerciali.

La potenziale abolizione unilaterale da parte della Svizzera dell’obbligo di dichiarazione doganale per le merci che entrano e escono dal suo territorio potrebbe contravvenire a diversi aspetti chiave degli accordi esistenti con l’Unione Europea.

Uno degli accordi fondamentali è la Decisione n. 1/2013 del Comitato misto UE-Svizzera che modifica gli allegati I e II dell’accordo riguardante l’agevolazione dei controlli e delle formalità nei trasporti di merci e le misure doganali di sicurezza. Questo accordo prevede che entrambe le parti debbano garantire che i controlli e le procedure doganali siano conformi e che vi sia una collaborazione continua per mantenere un livello equivalente di sicurezza e di controllo delle merci che attraversano le frontiere.

Un altro aspetto rilevante è rappresentato dall’articolo 13 dell’Accordo tra la Comunità Europea e la Confederazione Svizzera del 2009, che stabilisce che ogni modifica alle procedure doganali deve essere concordata reciprocamente. L’abolizione unilaterale dell’obbligo di dichiarazione doganale potrebbe quindi essere interpretata come una violazionedi questo impegno di cooperazione e di consultazione mutua.

Inoltre, è importante sottolineare che l’accordo prevede che le modifiche alle normative doganali che influenzano il commercio e la sicurezza delle frontiere devono essere discusse e approvate all’interno del comitato misto stabilito dagli accordi. La Svizzera, procedendo senza il consenso dell’UE, rischierebbe di compromettere la fiducia e l’efficacia di questi meccanismi bilaterali di risoluzione delle questioni e di aggiornamento normativo.

L’eventuale iniziativa unilaterale della Svizzera potrebbe inoltre impattare negativamente sugli accordi relativi alla reciproca facilitazione degli scambi commerciali, prevedendo la possibilità di controlli più stringenti e prolungati alle frontiere, che andrebbero a inficiare la fluidità del traffico merci tra la Svizzera e i membri dell’UE. Ciò potrebbe portare a ritardi, costi aggiuntivi e una riduzione generale dell’efficienza del commercio transfrontaliero, con ripercussioni significative per gli operatori economici di entrambe le parti.

Non dimentichiamo inoltre il progetto ICS2 (Import Control System 2) che è la nuova generazione del sistema di controllo delle importazioni dell’Unione Europea, che mira a migliorare la sicurezza delle merci che entrano nel territorio dell’UE. Questo sistema è parte dell’agenda dell’UE per modernizzare e rafforzare i controlli alle frontiere, aumentando la capacità di anticipare e gestire i rischi associati alle merci importate, migliorando così la sicurezza interna.

Il sistema ICS2 richiede che le informazioni sulle spedizioni siano raccolte e trasmesse alle autorità doganali prima che le merci arrivino ai confini dell’UE. Questo permette alle autorità di analizzare i rischi in modo più efficace e di intervenire prima che le merci possano rappresentare una potenziale minaccia.

Se la Svizzera dovesse procedere con una politica di allentamento delle proprie misure di dichiarazione doganale senza considerare i requisiti di sistemi come l’ICS2, potrebbe nascere un conflitto con gli standard di sicurezzache l’UE sta cercando di implementare attraverso tale sistema. Questo disallineamento potrebbe portare a complicazioni nei flussi commerciali tra la Svizzera e l’UE, con possibili ritardi e controlli più rigorosi per le merci svizzere al fine di garantire che rispettino i nuovi standard di sicurezza dell’UE.

Quindi, per mantenere una fluidità nel commercio transfrontaliero e aderire agli standard internazionali di sicurezza, sarebbe auspicabile che la Svizzera considerasse l’integrazione con sistemi come l’ICS2 nel rivedere o pianificare qualsiasi modifica alle sue procedure doganali. Questo assicurerebbe che le sue politiche siano allineate con quelle dei suoi partner commerciali più importanti, facilitando così un commercio più sicuro e efficiente.

In conclusione, per evitare di contravvenire agli accordi bilaterali tra la Confederazione Svizzera e l’Unione Europea, e per garantire che le proprie dichiarazioni di origine siano adeguatamente riconosciute, la Svizzera deve considerare seriamente il ripristino degli articoli 13 e 14 della revisione della legge sulle dogane. Questo ripristino è essenziale per mantenere la conformità con il sistema ICS2, evitando così di compromettere la sicurezza delle frontiere e la fluidità del commercio transfrontaliero.

Se non vuole rischiare un fermo delle esportazioni e potenziali conflitti con i paesi dell’UE dovuti al mancato rispetto degli accordi come la Decisione n. 1/2013 del Comitato misto UE-Svizzera, che regola l’agevolazione dei controlli e delle formalità nei trasporti di merci, la Svizzera deve agire in modo proattivo. Questa decisione non solo modifica gli allegati I e II dell’accordo preesistente, ma stabilisce anche un quadro per la sicurezza delle merci che attraversano le frontiere, garantendo che tutte le misure siano conformi alle normative attuali dell’UE.

Ristabilire questi articoli garantirà che la Svizzera non solo aderisca ai principi di sicurezza e trasparenza ma rafforzi anche la fiducia tra i partner commerciali, fondamentale per il sostegno dell’ambiente economico e politico tra la Svizzera e l’Unione Europea. Questo passo è non solo auspicabile ma necessario per mantenere l’integrità delle relazioni economiche e diplomatiche nella regione.