È forse l’unico settore dove accade l’assurdo: il fornitore che recensisce il cliente, spesso senza rendersene conto.
Con lo smartphone puntato sul carico, molti autisti trasmettono in diretta dal piazzale su YouTube, Facebook, Instagram o Google Maps tempi di attesa, indirizzi dei destinatari, ragioni sociali, foto dei colli già imballati e perfino indicazioni su chi vende e chi compra. Informazioni operative che l’azienda considerava interne finiscono così in pasto al web, a disposizione di chiunque: concorrenti, ladri di carico, curiosi o semplici passanti digitali. Scegliere un vettore, dunque, non è più solo una questione di tariffa chilometrica: significa affidare la propria riservatezza a chi, spesso senza volerlo, può trasformarla in contenuto virale.
Fino a poco tempo fa, sarebbe sembrato strano, quasi da film. Immaginate un camionista che, mentre aspetta di caricare la merce, tira fuori il telefono e inizia a filmare tutto: i pacchi, i documenti, e intanto racconta ai suoi follower dove sta andando, per quale cliente lavora, che tipo di merce trasporta. Un tempo, queste informazioni, rotte, orari, tipo di merci, nomi dei clienti, erano segreti ben custoditi. Oggi, invece, la vita di molti camionisti è diventata una specie di reality show trasmesso online.
Così, l’autista di camion, che una volta era un custode silenzioso di segreti, si è trasformato, spesso senza volerlo, in una specie di reporter o “influencer” del settore. Il vecchio diario di bordo è diventato un video-blog quotidiano. Le chiacchiere al bar dell’autogrill sono diventate recensioni, a volte molto critiche, scritte su Google Maps e visibili a tutti. Il risultato? Una marea di informazioni delicate finisce su internet, a disposizione di chiunque. Questo crea problemi seri per la privacy, la sicurezza e la concorrenza tra le aziende. Scegliere chi trasporta le proprie merci, quindi, non è più solo una questione di costo o di velocità. È soprattutto una questione di fiducia: bisogna affidare i propri beni a chi capisce davvero quanto sia importante la riservatezza nel mondo di oggi. Un vero partner di fiducia.
“Ciao a tutti! Oggi carichiamo…”; Camionisti su YouTube e segreti aziendali in diretta
YouTube è la piattaforma principale dove i camionisti condividono queste informazioni senza controllo. È pieno di “truck vlogger“: autisti che con il telefono o una piccola telecamera raccontano la loro vita sulla strada. La cabina del camion diventa il loro studio di registrazione. Ci sono decine di canali italiani così, seguiti da migliaia di persone. E nei loro video, spesso, mostrano proprio tutto: da come agganciano il rimorchio, a quando caricano la merce, fino a quando la scaricano nelle aziende dei clienti.
Le informazioni che condividono, con una leggerezza sorprendente, possono essere molto pericolose per le aziende. Nei filmati compaiono nomi di ditte che dovrebbero restare riservati. Ad esempio, si vedono camionisti che nominano tranquillamente clienti importanti come la multinazionale svizzera Geberit, specializzata in sanitari. Per un’azienda come Geberit, con 26 fabbriche nel mondo, una semplice ripresa video durante lo scarico merci può rivelare a tutti la posizione esatta di una fabbrica importante e far sapere che lì passano materiali costosi e strategici. Un altro video mostra una consegna alla Debrunner-Acifer AG, un fornitore svizzero di acciaio e metalli. Il camionista non dice solo il nome dell’azienda, ma descrive anche le corsie per muoversi all’interno e gli orari di apertura: una guida perfetta per chi volesse spiare i movimenti di questi materiali.
Anche lo storico produttore toscano di cavi elettrici, Bruno Baldassari & F.lli SpA di Capannori (Lucca), finisce online quando un autista, mentre cerca la “rampa 7” filmando, mostra senza volerlo la mappa dello stabilimento e fa capire quanto spesso ritirino cavi. Stessa sorte per Profilglass SpA, azienda marchigiana leader dell’alluminio: un camionista la nomina come “profil glass number three” ad Ancona, e le immagini delle lamiere caricate sul camion permettono di collegare lo stabilimento di Fano alla sua catena di fornitori. Persino un colosso come Kimberly-Clark (fazzoletti e carta igienica), con la sua fabbrica di Romagnano Sesia (Novara), viene citata come possibile punto di carico. Questo svela non solo dove produce, ma anche le strade che percorre, con tanto di immagini del piazzale e degli orari della pesa dei camion. In un solo video, chiunque può ottenere gratis indirizzi, frequenza dei carichi, difficoltà di accesso e dettagli sul lavoro di aziende importanti che preferirebbero restare discrete.
Sullo sfondo di questi filmati, poi, si vedono spesso loghi di aziende, insegne, etichette sui pacchi con marchi e destinatari ben riconoscibili. In un video ad esempio, l’autista youtuber inquadra da vicino un bancale di merce con il marchio “Berry”: un dettaglio che, fuori dagli addetti ai lavori, nessuno avrebbe dovuto vedere. Eppure, è lì, visibile a chiunque metta in pausa il video.
È ironico: il camionista, una volta custode di segreti, diventa un reporter che non sa di esserlo. Mentre parla con i suoi follower, può rivelare ritardi di produzione (“Ragazzi, sono fermo da 5 ore, qui non hanno il materiale pronto!”), o mostrare l’interno di fabbriche di solito chiuse al pubblico. Anche i volti di colleghi o clienti, e le conversazioni con chi organizza i trasporti, finiscono online. Informazioni che dovevano restare private, ora sono su uno schermo, visibili a tutti.
Recensioni al contrario: su Google Maps è il camionista che dà i voti… al cliente
Un vero e proprio assurdo, se ci si ferma a riflettere! Ma ci rendiamo conto che, in questo modo, è il fornitore di servizi che finisce per “giudicare” pubblicamente il cliente o il proprio mandante?
I camionisti non usano solo YouTube. Un altro strumento, forse meno vistoso ma altrettanto rischioso per la privacy delle aziende, è Google Maps con le sue recensioni. Chiunque può diventare “Local Guide” e scrivere commenti sui luoghi che visita, accumulando punti. Così, insieme alle recensioni sulla pizzeria o sull’albergo, compaiono quelle su centri di smistamento merci, magazzini, officine e fabbriche. Prendiamo “marco CT”, un utente molto attivo su Google Maps. La sua mappa personale è piena di puntine rosse in tutta Italia e mezza Europa, ognuna è una recensione. Ogni sua sosta di lavoro – che sia al Distripark di Genova Pra’, o al magazzino Kuehne+Nagel di Mantova – diventa un commento pubblico. Questi commenti possono rivelare orari, modi per entrare e uscire, e a volte pregi e difetti delle strutture.
A volte i commenti lasciati dagli autisti sono molto duri e restano online per sempre. Ad esempio, l’utente con il nickname “SCANIA VABIS” ha criticato duramente il personale di un’azienda di Marghera, la Niche Fusina Rolled Products S.r.l., definendolo “maleducato”. Spesso, recensioni di questo tipo includono foto degli ingressi o dei piazzali, mostrando sistemi di sicurezza (o la loro mancanza).
Così, l’autista diventa un critico che valuta tempi di attesa, gentilezza del personale, facilità di accesso, quasi stesse recensendo un ristorante o un hotel. C’è però una differenza fondamentale: quando un cliente recensisce un ristorante, è lui il cliente e il ristoratore il fornitore del servizio. Invece, quando un camionista recensisce un magazzino di carico o scarico, sta di fatto commentando l’operato di un cliente del proprio datore di lavoro, o del proprio committente. Un comportamento che rischia di incrinare rapporti professionali delicati e che solleva questioni di opportunità non da poco. Peccato che qui non si parli di semplici locali per turisti, ma di luoghi chiave per l’economia. E la cosa davvero curiosa è che questa abitudine, magari nata per sfogarsi o per accumulare punti su Google Maps, finisce per trasformare questi autisti in una fonte involontaria di informazioni sensibili per chiunque voglia spiare altre aziende.
E la lista delle aziende finite nel mirino degli autisti-recensori, attraverso i “pin” lasciati su Google Maps, è lunga e varia. Si va da RPC Obrist Italia di Voghera (Pavia), che fa parte del gruppo Berry, a Imerys Graphite & Carbon Switzerland SA di Bodio, in Svizzera, che tratta materiali hi-tech. Troviamo poi FibrXL Srl a Pietramurata (Trento), che produce fibre speciali, e Asticarta SpA a Opera (Milano), che lavora con la carta. Anche grandi nomi della logistica come Raben Italy nel suo deposito di Cornaredo (Milano) o la Luxury Goods Logistics SA di Sant’Antonino (Svizzera), specializzata in beni di lusso, non sfuggono a commenti, così come aziende quali I&S srl a Rignano sull’Arno (Firenze). Ogni puntina sulla mappa, ogni recensione, aggiunge un pezzo al grande puzzle delle informazioni aziendali che diventano pubbliche.
È fondamentale precisare che i nomi di aziende citati in questo articolo, sia quelli emersi dai video su YouTube sia quelli dalle recensioni su Google Maps, rappresentano soltanto una piccola selezione esemplificativa. Il web è disseminato di innumerevoli altri casi simili, che coinvolgono imprese di ogni dimensione e settore. Oggi, grazie agli strumenti di intelligenza artificiale, estrarre in modo automatizzato questi dati dai social, youtube compreso, è diventato un esercizio alla portata di chiunque.
Segreti industriali su piazza: i rischi (sottovalutati) per le aziende
Tutte queste informazioni condivise senza controllo hanno conseguenze dirette e potenzialmente molto gravi. Eppure, la piena consapevolezza di questi rischi da parte del settore della logistica non sembra ancora essere diffusa, o quantomeno non si traduce sempre in contromisure adeguate e generalizzate. È proprio per contribuire a sollevare questo velo e stimolare una maggiore attenzione che articoli come questo diventano importanti. Nel frattempo, dati fondamentali per le strategie, il commercio e la sicurezza delle aziende continuano a essere esposti, creando vulnerabilità concrete:
- Relazioni commerciali svelate: Un osservatore attento può facilmente “unire i puntini” tra fornitori, trasportatori e clienti finali. Oggi, con l’avanzamento dell’intelligenza artificiale, questo processo è diventato ancora più semplice e veloce: basta fornire a un software specializzato il link di un video su YouTube o una serie di recensioni, e questo può estrarre automaticamente nomi di aziende, rotte, tipi di merci e altre informazioni sensibili in un batter d’occhio. Queste “soffiate” involontarie sono oro per le aziende concorrenti, che possono così scoprire i segreti degli altri senza fatica.
- Triangolazioni smascherate e “rivendite viaggianti” – Non è soltanto la videocamera in cabina a tradire la catena del valore. Un autista che, a fine scarico, scatta una foto per Google Maps o lascia un commento da “Local Guide” — magari premiato da Google con qualche punto extra — finisce per immortalare il marchio sul bancale, il codice del lotto o perfino il cartello con l’indirizzo del destinatario finale. Se poi, nel vlog, ha già mostrato il primo punto di carico, chiunque può ricostruire l’intero passaggio intermedio e capire dove avviene la rivendita viaggiante: chi produce davvero, chi funge da rivenditore e a quale cliente ultimo arriva il prodotto. Quel meccanismo di discrezione, nato per proteggere i margini o mantenere segrete collaborazioni sensibili, evapora così in un attimo fra geolocalizzazioni automatiche, recensioni a stelle e fotografie della merce durante lo scarico.
- Accordi di riservatezza violati: Molte consegne, specialmente di prototipi o novità, sono protette da accordi di segretezza (NDA). Un camionista che fa video, senza saperlo, può violarli mostrando la merce, i documenti o anche solo nominando un cliente. E tutto resta registrato online, un grande problema per gli uffici legali.
- Furti e sabotaggi più facili: I ladri di merci sono sempre più organizzati e usano internet per trovare informazioni. Un camionista che pubblica regolarmente strade, orari delle soste, tipo di merce, offre ai criminali dettagli preziosi per pianificare furti. Anche le riprese degli ingressi dei magazzini o dei sistemi di sicurezza possono aiutare chi ha cattive intenzioni.
- Concorrenti che spiano: Non solo le aziende clienti possono essere spiate, ma anche le stesse ditte di trasporto. Se un’azienda vede che un camionista di una ditta rivale lavora per clienti importanti, potrebbe cercare di rubargli il contratto. Oppure, un’azienda di logistica può studiare i video per capire come lavorano i concorrenti. Tutto è visibile, e spesso chi condivide non se ne rende conto.
Cosa fare? Servono regole chiare, dalla politica alle singole aziende
Di fronte a questa situazione, il mondo dei trasporti e della logistica è a un bivio. La voglia di condividere sui social sembra inarrestabile e vietare tutto sarebbe difficile. Ma le aziende iniziano a capire che devono proteggersi. Il problema di come gestire le informazioni online e del loro effetto sulle aziende è arrivato anche all’attenzione della politica, come dimostra in Svizzera il postulato del Consigliere Nazionale Fabio Regazzi(“Stop alle recensioni online abusive o dannose per le aziende”, AffairId 2024.3521), che ha giustamente acceso un faro sulla piaga delle recensioni false o lesive.
Tuttavia, se un primo passo è stato fatto per contrastare la disinformazione dannosa, è ora cruciale che la politica intervenga di nuovo e in modo più ampio. È necessario affrontare con urgenza il rischio che la condivisione online, anche di informazioni apparentemente innocue, rappresenta per la privacy delle aziende, per la sicurezza dei loro dati e per la tutela dei segreti industriali che sono alla base della competitività del nostro sistema economico. Non si tratta solo di difendersi da commenti falsi, ma di proteggere il valore e le informazioni strategiche delle imprese.
Di fronte a questa sfida, alcune realtà hanno scelto di intervenire con misure concrete invece di limitarsi a raccomandazioni generiche o corsi interni “pro forma”. Noi, per esempio, da oltre un decennio chiediamo agli autisti di sottoscrivere accordi contrattuali che includono clausole stringenti di riservatezza: il divieto assoluto di pubblicare video, foto o commenti che possano rivelare clienti, rotte, quantità, prezzi o qualsiasi dettaglio operativo. Le stesse regole sono ribadite nel manuale autisti che accompagna ogni nuova assunzione e vengono richiamate durante i briefing periodici. Non si tratta di diffidenza verso chi guida, ma di un patto di tutela reciproca: l’azienda protegge i propri clienti e, al tempo stesso, mette i conducenti al riparo da possibili conseguenze legali o disciplinari.
Il trasportatore di oggi deve essere un custode responsabile delle informazioni
Il comportamento di questi camionisti sui social media ci costringe a farci delle domande importanti, a cui dobbiamo rispondere subito. È ancora possibile mantenere segreti industriali su rotte e carichi, quando tutti condividono tutto online? O dobbiamo cambiare completamente il modo di gestire la privacy, adattandolo a un mondo dove ogni smartphone può essere una falla nella sicurezza? Forse la soluzione è un nuovo “patto di responsabilità” oppure serve un quadro normativo che finalmente limiti questi “keyboard warrior”. Da un lato, bisogna far capire ai camionisti-“influencer” i rischi che corrono loro stessi, le aziende per cui lavorano e i clienti. Dall’altro, le aziende che affidano le merci devono capire che oggi scegliere un trasportatore significa scegliere un partner che sia anche un fiduciario che garantisca non solo la consegna, ma anche la protezione delle informazioni ricevute. Un partner che consideri la sicurezza online e la discrezione come parti fondamentali del servizio